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Ai Weiwei, regista di Turandot a Roma: “Coronavirus come la pasta, sarà diffuso dagli italiani”

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Ai Weiwei, l’artista cinese a cui il Teatro dell’Opera di Roma ha affidato la regia della Turandot di Puccini in programma dal 25 marzo al 5 aprile, e ora sospesa per l’emergenza legata alla diffusione del virus Covid-19, è finito nella bufera per un post – oggettivamente inopportuno e di cattivo gusto – pubblicato sul suo profilo Instagram: “Coronavirus is like pasta, the chinese invented it but the italians will spread it all over the world”. Tradotto: “Il coronavirus è come la pasta, i cinesi l’hanno inventato ma gli italiani lo diffonderanno in tutto il mondo”.

Sempre su Instagram, Weiwei ha postato anche un’animazione con immagini di virus che volteggiano su una versione strumentale dell’aria di Liù “Tu che di gel sei cinta”. Al di là delle polemiche scoppiate sui social, non si registra al momento alcuna dichiarazione da parte del Teatro dell’Opera. Il sovrintendente Carlo Fuortes ha assicurato che l’allestimento di Turandot non andrà perso e verrà rappresentato probabilmente nel marzo del prossimo anno.

Tra le prime reazioni alla battuta di Weiwei, c’è quella di Paolo Sorrentino, il regista della Grande Bellezza, di The Young Pope e The New Pope, che sul suo profilo Instagram ha caricato un post con un hashtag in cui invita a boicottare l’artista cinese: #boicottaweiwei.
Reazioni indignate anche dal mondo dell’arte italiana. Tra le tante (la maggior parte irriferibili), quella di Matteo Basilè: “La tua battaglia tra arte e politica si è chiusa con questo post. Da domani puoi tornare a Pechino per progettare un ospedale per il tuo amato governo… il re è nudo”. Un altro artista italiano, Francesco Vezzoli, ha dichiarato: «forse questo signore è alimentato dall’astio contro sé stesso, perché è una frase che non rende onore né ai morti della sua nazione, né ai morti della nostra…non riesco a capire, forse ha del nero dentro di suo».

Definitivo il commento del critico d’arte Massimo Mattioli che su Artslife.com scrive: “Dopo che nel 2016 aveva avuto la “felice” idea di scimmiottare la tragedia della morte del bambino profugo Aylan Kurdi sulle coste turche, strumentalizzando una tragedia che allora scosse tutto il mondo facendosi fotografare nella stessa posizione del piccolo cadavere, nessuno aveva più dubbi sul definitivo inaridimento della vena creativa di Ai Weiwei. Palazzo Strozzi ebbe nello stesso anno l’infelice idea di offrirgli il suo prestigioso palcoscenico. E lui confermò la fine del mito dell’artista brillante, libero e anticonformista portando a Firenze una delle sue peggiori prove. Con quei purtroppo celebri “gommoni-da-bravo-migrante” inutilmente messi a deturpare la facciata dal capolavoro architettonico del Rinascimento. Strumentalizzazione e qualunquismo, e niente arte. Ma al peggio non c’è mai fine, si sa. E ora l’ormai da tempo ex artista torna a far parlare di sé, disgustosamente scegliendo – lo fa sempre, ora sopravvive solo di visibilità mediatica – il tema caldo del momento. Ovvero il Coronavirus”.

Photo credit: Yasuko Kageyama

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