Il ricco cartellone della Stagione Opera e Balletto 2018 si apre con il ritorno al ciclo pucciniano che il Teatro Grande coltiva ormai da diversi anni. Sarà infatti Tosca l’opera inaugurale che debutterà venerdì 28 settembre alle ore 20.30 e sarà presentata nella consueta seconda replica domenica 30 settembre alle ore 15.30. L’anteprima studenti ha già accolto più di 500 ragazzi che sono accorsi per assistere in prima assoluta alla generale di mercoledì 26. Dopo il debutto al Teatro Grande, Tosca sarà in tournée nei Teatri di OperaLombardia.
L’opera Tosca torna al Teatro Grande di Brescia dopo sei anni di assenza e rappresenta uno dei titoli più popolari e al contempo drammatici nel repertorio di Giacomo Puccini. Reduce dal successo de La bohème, il compositore si interessò all’omonimo dramma storico di Victorien Sardou di cui vide una rappresentazione a Milano nel 1892. Portò a termine l’opera nel 1899 e il 14 gennaio 1900 Tosca debuttò a Roma, al Teatro Costanzi.
La nuova produzione vede la regia di Andrea Cigni, recentemente nominato segretario artistico della Stagione d’Opera della Fondazione del Teatro Grande e attivo regista d’opera, sia all’estero che in Italia, anche nell’ambito del Circuito OperaLombardia. La sua visione “cinematografica” regalerà al pubblico un punto di vista non convenzionale, in cui l’architettura gioca un ruolo da protagonista. Ulteriori suggestioni saranno rese possibili grazie all’utilizzo di proiezioni ideate appositamente per questo allestimento. A dirigere la compagine orchestrale dei Pomeriggi Musicali sarà il Maestro Valerio Galli che ha fatto il suo debutto nella direzione d’opera proprio con il titolo pucciniano nel 2007 al 53° Puccini Festival, vincendo il premio “Maschera d’oro” come giovane direttore emergente. Ha diretto nei più importanti Teatri lirici internazionali e nella Stagione 2017 si è esibito al Teatro Grande nella serata di Gala dedicata al soprano Daniela Dessì.
L’allestimento porta la firma di Dario Gessati per le scene, Lorenzo Cutùli per i costumi e Fiammetta Baldiserri per le luci. Un doppio cast si alternerà sul palcoscenico del Teatro Grande: venerdì 28 settembre Floria Tosca sarà interpretata da Virginia Tola, Luciano Ganci sarà Mario Cavaradossi e Angelo Veccia impersonerà Scarpia. Domenica 30 settembre la protagonista avrà la voce di Charlotte-Anne Shipley, affiancata da Mikheil Sheshaberidze (Mario Cavaradossi) e Devid Cecconi (Scarpia). In entrambe le recite vedremo Nicolò Ceriani nel ruolo di Cesare Angelotti, Nicola Pamio sarà Spoletta, Luca Gallo il Sagrestano e Stefano Cianci il gendarme Sciarrone.
I biglietti per Tosca e per tutta la Stagione Opera e Balletto 2018 sono in vendita alla Biglietteria del Teatro Grande (aperta dal martedì al venerdì dalle 13.30 alle 19.00, il sabato dalle 15.30 alle19.00, domeniche di spettacolo dalle 13.30 alle 15.30), on line su www.vivaticket.it e nelle filiali abilitate di Ubi Banca in Brescia e provincia.
NOTE DEL DIRETTORE Valerio Galli
Un direttore d’orchestra che si appresti a studiare una partitura deve affrontarla da vari punti di vista: quello drammaturgico e quindi teatrale, quello del linguaggio musicale e quello della collocazione del titolo all’interno della produzione dell’autore e nel contesto culturale ad esso contemporaneo. Tutto questo concorre a un’interpretazione quanto più fedele al testo. Ma quando come me si nasce, si cresce e si respirano gli ambienti medesimi che furono vissuti da Giacomo Puccini è quasi inevitabile posare la bacchetta e lasciarsi trasportare da quel flusso musicale che richiama alla mente sensazioni, profumi e visioni che diventano pura emozione una volta che ci si immerge nel linguaggio pucciniano, provando così a risalire alla sorgente ispiratrice dell’autore.
Molto si è scritto a proposito dell’influenza sulla poetica pucciniana ad opera dell’ambiente di Torre del Lago e dintorni, fonte inesauribile di aneddoti autobiografici e luoghi in cui si fonde inevitabilmente il confine sottilissimo tra leggenda e realtà. Alcuni tratti naturalistici in Tosca si possono senz’altro ricondurre alle suggestioni di Monsagrati e Chiatri, paesi nei quali Puccini dimora sul finire degli anni ’90 e dove compone grandi squarci dell’opera, grazie alle quali prendono forma la sospirata casetta, il pozzo del giardino, i boschi e i roveti, i franti sepolcreti odorosi di timo. Così come il familiare rintocco delle campane di Bargecchia (risparmiate durante la seconda guerra mondiale dalla fusione per mano tedesca, in ossequio alla memoria del Maestro) che Puccini inserisce nella seconda parte del primo atto ad introduzione del duetto fra Tosca e il barone Scarpia, da considerarsi una citazione fedele a dispetto della convinzione musicologica. L’opera contiene, tra l’altro, un ampio e suggestivo affresco orchestrale, il Mattutino che apre solennemente il III atto. Ascoltando questa grande scena, o meglio ancora eseguendola, non sarà difficile andare col pensiero al Belvedere antistante la Villa Puccini di Torre del Lago, dove il Maestro la compose interamente; immersi in queste atmosfere musicali pare quasi vedere Puccini di ritorno all’alba dalla caccia alle folaghe, sotto i colori del cielo che si rischiara.
Certo che la pratica degli intermezzi o dei grandi preludi era d’uso all’epoca, si pensi al successivo intermezzo di Madama Butterfly, al Catalani di Wally o al Mascagni di Cavalleria Rusticana, Iris e della futura Amica (1905 – il cui preludio iniziale richiama vagamente quello di Tosca, con le campane delle greggi), ma in questo caso Puccini riesce a creare un momento di assoluta sospensione dalla realtà, su una Roma che dorme ancora, prima di un nuovo drammatico giorno, immersa nella luce che illumina gli spalti di Castel Sant’Angelo tra lo scampanio delle sue innumerevoli chiese, con la sola voce lontana di un pastorello che ci riporta al reale. Sono questi gli ultimi momenti di quiete, per Tosca – personaggio passionale e travagliato che è figura in certo senso meta-teatrale essendo un’artista, una cantante per l’esattezza (“Come la Tosca in teatro…” dice Cavaradossi alludendo al modo in cui cadere al momento della falsa fucilazione) in cui pare di ritrovare rispecchiata autobiograficamente la folle gelosia di Elvira Puccini – che crede di poter salvare ancora il suo Mario, e per Cavaradossi stesso, ormai rassegnato a una morte che considera gloriosa per non aver tradito il proprio ideale. Dopo un singolare duetto, con l’ebbrezza di pensieri che guardano alla fuga imminente, al futuro e alla libertà, uno sparo, non a salve come Scarpia aveva promesso – Scarpia che anche da morto riesce a essere presente con la propria ombra – e tutto finisce. Un ultimo sguardo su Mario e l’anima di Tosca si rende a Dio: la vita finisce in un istante e dilegua “siccome alte sul mare, al sol cadente nuvole leggere…”.
NOTE DI REGIA Andrea Cigni
Nell’opera sono presenti elementi drammaturgici chiari, che devono essere interpretati e raccontati percome sono stati pensati dal compositore e dal librettista. Tosca è una storia dai contorni definiti, che si svolge in un contesto preciso, con netti riferimenti drammaturgici, storici, testuali e narrativi. Mantenendo come linee guida questi elementi, è possibile lavorare sulle ambientazioni, sul messaggio, sui contrasti drammatici che ritroviamo all’interno della vicenda, sulle dinamiche tra i personaggi affinché siano reali e vicini a chi guarda. Tosca è un’artista, donna sensibile e profondamente appassionata, amante. L’arte caratterizza non solo la vita della protagonista, ma anche la vita del pittore Cavaradossi, anch’esso appassionato, sanguigno (anche politicamente). Due personaggi che vivono la loro storia d’amore in un momento storico ben delineato, che affrontano un percorso imposto da una serie di avvenimenti esterni negativi che li porterà a uno scioglimento finale tragico. Insieme cercheranno una via d’uscita, la loro libertà, in nome di un amore che li lega e di passioni che desiderano difendere. Scarpia è l’antagonista, l’elemento negativo, che si appoggia a un potere religioso che viene usato per contrastare la loro storia d’amore, le loro vite, e che condiziona la vita di tutti i personaggi (Sagrestano, Spoletta, Sciarrone, ecc). La religione è “usata” da Scarpia per imporre un potere personale e piegare gli altri al proprio volere perverso e per certi aspetti blasfemo.
La morte in questa vicenda, ancorché tragica e probabilmente non voluta fino a che non rappresenta l’estrema ratio, è l’unica via di uscita possibile per la protagonista, vittima di un inganno crudele. La morte è vista come liberazione. In modo molto forte la morte di Scarpia per mano di Tosca è una liberazione, la morte di Tosca attraverso il suicidio è la libertà da una vita di dolore. Per assurdo Tosca contribuisce alla morte di tutti direttamente o indirettamente.
Nel Primo atto la forza della religione, il suo essere assolutamente incombente, si manifesta con la processione del Te Deum. In uno spazio che è claustrofobico, opprimente, sacro, rigoroso. Che segue un “punto di vista” non regolare, non simmetrico, una fuga. Nel Secondo atto è la sala di Palazzo Farnese (con i simboli della religione costantemente suggeriti) e mantiene la stessa linea prospettica, assolutamente opprimente. Il Terzo atto è rappresentato dal disfacimento di questa oppressione in favore di un semplice cielo, presagio di morte.
La scena si compone così di tre luoghi con valori diversi. È uno spazio di grande forza (chiesa, palazzo, cielo) dentro al quale i personaggi si trovano ad agire, uno spazio della memoria, un agone drammatico. Nella prospettiva, nella fuga delle linee dei primi due atti, lo spazio è volutamente carico di elementi simbolici e opprimente, nel terzo atto tutto scompare per lasciare spazio non più a simboli ed elementi didascalici e decorativi, ma ad un semplice cielo, riflesso dagli elementi che racchiudono la scena. Ci sono i simboli dentro questo spazio, utili ed essenziali alla drammaturgia, ci sono gli ingressi, le aperture, la luce, il buio. C’è la “riflessione” di persone, spazi, simboli, oggetti (a significare il dualismo tra realtà e rappresentazione della stessa): in Tosca il dualismo tra realtà e finzione, tra religione e teatro, tra persone e personaggi è costantemente presente.
Desideriamo guidare lo spettatore, come farebbe una macchina da presa, in questo percorso verso la fine. Più che il descrittivismo realistico delle situazioni è il senso drammatico evocato dalle situazioni, senza che manchi nulla di ciò che serve alla narrazione. I personaggi sono reali, tangibili, in una chiave di lettura cinematografica, come se ci fosse sempre un punto di vista che guida lo spettatore dall’inizio alla fine, con un ritmo di azione incalzante e carico di tensione.
Ulteriori informazioni: Teatro Grande
Photo credit: Umberto Favretto