“Wexford? È la mia Brigadoon”. Un paesaggio che – come nel musical di Lerner e Loewe – scompare per ricomparire nella vita di Rosetta Cucchi fino a diventare il luogo dei suoi autunni dal 2020. Da quella data infatti, dopo aver vinto un regolare concorso, la pianista e regista pesarese è direttore artistico di un festival che ha frequentato sin dagli esordi e che ha un posto speciale nel suo cuore. “Sono stata portata qui nel 1995 dal maestro Luigi Ferrari: arrivai come pianista ripetitrice ed era una delle mie prime esperienze professionali. Ho finito per innamorarmi di questa cittadina aggrappata a un fiordo in Irlanda e che tante occasioni professionali mi ha dato”. Oggi Rosetta Cucchi ha l’impegno e la responsabilità di portare avanti una visione. “Porto avanti con consapevolezza e passione la ricerca di opere neglette, a volte dimenticate senza ragione. Ci sono dei tesori nascosti che vanno recuperati. Poi mi piace l’idea di fare nuove scoperte anche a livello di interpreti”.
Quest’anno a Wexford vanno in scena le donne in guerra: al fronte o in rapporti tossici, priviate delle più elementari libertà.
Un tema che era nel mio cuore da tempo, e purtroppo si è rivelato tristemente attuale. La guerra aggrava la fragilità femminile, perchè in guerra il corpo femminile è usato come preda e merce di scambio. Il tema che voglio indagare però non riguarda solo le donne al fronte, ma la guerra che ogni donna deve combattere contro i pregiudizi. In Paesi anche molto vicini al nostro le donne combattono per un’uguaglianza di genere che, anche se si pretende sia sdoganata, di fatto non esiste.
Women and war (Donne e guerra), è il tema della 72ma edizione, in scena fino al 5 novembre 2023. In cartellone la prima esecuzione in tempi moderni di Zoraida di Granata (1822) di Gaetano Donizetti firmata da Bruno Ravella. L’altrettanto rara L’aube rouge (L’alba rossa, del 1911) di Camille Erlanger con la regia di Ella Marchment. La ciociara (2015) messa in scena da Rosetta Cucchi in una nuova orchestrazione del suo compositore Marco Tutino. Donne combattenti?
Zoraida è una donna che si ritrova a combattere per salvaguardare i suoi sentimenti. Olga dell’Aube rouge, che a ogni costo vuole salvare il suo grande amore dal nichilismo che lo circonda, per arrivare alla più recente Ciociara, in cui due donne cercano di fuggire dagli orrori della seconda guerra mondiale. Tre finestre su tre differenti epoche, musiche e soprattutto caratteri femminili. Due opere dimenticate – Zoraida e Aube rouge – che è giusto riportare alla luce.
Al centro di Zoraida c’è un triangolo amoroso e la battaglia della protagonista per rimanere fedele a ciò che prova a costo della sua stessa vita. Il regista ha scelto di ambientarla nella Sarajevo assediata del 1992-1996, in piena guerra civile.
Il set della regia di Bruno Ravella (che ho fortemente voluto qui a Wexford) rappresenta questa vecchia biblioteca di Sarajevo vandalizzata durante la guerra come viene vandalizzata ogni cosa che contiene la storia. Vandalizzare una biblioteca è come violentare un corpo femminile: sono armi per mettere in ginocchio un nemico.
L’aube rouge è un’opera tragica ambientata in Francia e Russia di Camille Erlanger, vincitore del Prix de Rome nel 1888 che oggi per noi è un Carneade.
Camille Erlanger è stato dimenticato per motivi a me incomprensibili. Mi sono presa le sue opere e le ho suonate al pianoforte, scoprendo un grande compositore. L’albe rouge vede al centro della narrazione questa donna che cerca di salvare il suo uomo da se stesso. Lui è un nichilista, che alla fine si farà esplodere.
La sua Ciociara invece è molto legata al cinema. Il film diretto da Vittorio De Sica e con l’interpretazione da Oscar di Sophia Loren, sarà proiettato il giorno di ogni rappresentazione, ma De Sica torna anche durante l’opera.
La Ciociara è un’opera intensa e profonda che parla di due donne, madre e figlia, legate da una relazione profonda e da un patto di sopravvivenza. In questo viaggio sia fisico che psicologico avvengono tante cose, non ultimo uno stupro, che mettono a rischio la loro forza. È stato un viaggio bellissimo. Abbiamo lavorato come fosse un film, mi sono ispirata a De Sica che nel 1960 girò questo pellicola. Il concept vede in scena una sorta di Vittorio De Sica che immagina scena per scena del suo film a pochi minuti prima del ciak. Una figura onnipresente ma non prevaricante: Marco Tutino la racconta meravigliosamente questa storia, e in esclusiva per il Festival di Wexford ha firmato una nuova orchestrazione del lavoro tratto dal romanzo di Moravia.