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Roberto Alagna rinuncia alla Tosca del Liceu: “Non voglio essere ostaggio del cattivo gusto”

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Come annunciato il giorno della presentazione della nuova stagione, il ritorno di Roberto Alagna e Aleksandra Kurzak nella Tosca di Puccini doveva essere l’evento di inizio 2023 al Gran Teatre del Liceu di Barcellona. E invece, lunedì scorso, con un laconico comunicato su Twitter i vertici del teatro catalano hanno fatto sapere che il tenore italo-francese e il soprano polacco non si sentono più in grado: “di sostenere i rispettivi ruoli in questa messa in scena e, alla fine, hanno deciso di ritirarsi dal progetto”. L’allestimento è quello controverso del regista Rafael R. Villalobos già proposto nel giugno 2021 al Théâtre Royal de la Monnaie di Bruxelles e, nei giorni scorsi, all’Opéra di Montpellier. Uno spettacolo trasgressivo ispirato alla figura e all’opera di Pier Paolo Pasolini, e accusato addirittura di “oscenità”, che vede la presenza in scena dello stesso personaggio di Pasolini e dove si moltiplicano i riferimenti al suo ultimo film Salò o le 120 giornate di Sodoma. La notizia è stata ripresa da diversi siti stranieri, ma finora i due artisti non avevano rilasciato dichiarazioni sul loro ritiro dalla produzione. Abbiamo chiesto a Roberto Alagna di spiegarci il motivo di questa rinuncia.

Cos’è successo Maestro Alagna?
Con Aleksandra avevamo firmato il contratto per la vecchia produzione di Tosca, salvo poi apprendere del cambio di produzione al momento dell’annuncio della nuova stagione. Dopo qualche giorno abbiamo ricevuto da una amica il video dell’allestimento di Villalobos e dopo aver visto quello che accadeva sul palcoscenico abbiamo deciso di chiamare il teatro per cancellare la nostra partecipazione.

Come hanno reagito al Liceu?
Inizialmente ci hanno proposto di convincere il regista a fare qualche cambiamento, ma abbiamo risposto che c’era veramente tutto da cambiare, a partire proprio dal concept, dalla stessa visione registica. Questo cercare di riprodurre nel capolavoro di Puccini il film di Pasolini Salò o le 120 giornate di Sodoma mi è sembrato davvero di cattivo gusto.

Lei conosce il film di Pasolini?
Anni fa ho cercato di guardarlo, ma quando sono arrivato al “Girone della merda” sono rimasto così disgustato che ho preso la videocassetta e l’ho buttata nella spazzatura, cosa che non mi è mai successa con altri film.

Cosa vi ha disturbato dello spettacolo di Villalobos?
Con Aleksandra non volevamo essere ostaggi di un progetto dove si tratta di violenza, sadomasochismo, pedofilia, nudità (anche se alla fine i nudi sono la cosa meno grave), situazioni di una incoerenza totale rispetto alla Tosca di Puccini. Non ha senso fare di Pasolini il personaggio principale di questa storia. Questo non ha niente a che vedere con la libertà di espressione.

Per voi non era possibile alcun compromesso, insomma.
Esatto, ma devo dire che i vertici del teatro si sono comportati molto bene: per loro la nostra presenza al Liceu era il punto forte della stagione e ci hanno addirittura proposto di ritornare alla vecchia produzione. Cosa che però abbiamo rifiutato: il regista aveva un contratto e sicuramente, come tutti noi, il diritto di lavorare; non abbiamo voluto creare altri problemi e animosità, e così ci siamo ritirati dal progetto.

Resta un po’ di amarezza?
Un po’. Ma vorrei finire con un sorriso, pensando alla battuta di Aleksandra, quando si è resa conto che avrebbe dovuto cantare “Vissi d’arte” tra le cosce di un ragazzo nudo: “Non me la sento di cantare l’aria in quella posizione. Io volevo solamente cantare la Tosca di Puccini, non i pisellini di Pasolini”.

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