Se c’è una dote che Josè Maria Lo Monaco puntualmente sfodera, ogni volta che la incontri, è un sorriso contagioso: franco, sincero, onesto, frutto di un candore umano, prima ancora che vocale, che in questi anni ne ha fatto l’Angelina di riferimento, nella Cenerentola di Rossini, incarnazione perfetta di quella bontà in trionfo che costituisce la morale della fiaba. Ma ce ne sono altre, forse meno evidenti, che la stanno facendo emergere in tutta la sua maturità d’interprete: la tenacia e la curiosità, la voglia di confrontarsi con repertori vari e diversi da quello tardo-rinascimentale e barocco, da cui ha avuto origine la sua parabola artistica. Passo dopo passo, dopo l’amatissimo Rossini sono venuti anche gli altri compositori della stagione aurea del belcanto, da Bellini a Donizetti, e oggi non è difficile ascoltarla in esperimenti crossover che, appunto, la vedono spaziare con versatilità e duttilità espressiva. È ancora Angelina – tranne che in cucina! – ma non solo Angelina: e infatti l’abbiamo sentita subito dopo la registrazione di Dido and Æneas di Purcell che ha interpretato al Teatro Filarmonico di Verona (in streaming da domenica 28 marzo sulla webTV e sui canali social della Fondazione Arena). La sua agenda, fitta di impegni nonostante l’emergenza sanitaria, ci ha aiutato a fare il punto su una carriera che la vede impegnata sulle principali scene internazionali.
Appena un giro di lancette basta per dar vita alla triste sorte dell’«injur’d Queen of Carthage», eppure in quell’ora trovano spazio tutti gli affetti dell’opera barocca. Come si fa a dominare tutte le passioni di Didone, dall’amore al desiderio di vendetta fino alla catarsi? Come sarà la Didone che ha appena interpretato a Verona?
La mia Didone è una donna tormentata ma forte sin dall’inizio dell’opera: affronta il suo tormento con grande dignità, tenendo tutto dentro di sé, quasi non rivelando il suo tormento nemmeno a se stessa. Ama di un amore puro, che trova le radici nella terra ma si eleva subito verso l’alto: è un’eroina autentica, non è una donna comune, anche definirla passionale sarebbe riduttivo. Le lancette del tempo costituiscono la magia più intima e segreta del teatro: anche se la durata del capolavoro di Purcell è solo di un’ora, il tempo della rappresentazione è come se si fermasse quando inizia la sinfonia – e fino a quando si spegne l’ultima nota dell’opera. Ho la possibilità di vivere appieno l’evoluzione del personaggio, nel quale mi immedesimo completamente, sostenuta dagli ‘affetti’ suggeriti dal testo e dalle note. Senza voler anticipare quello che vedrete, in questa messa in scena, poi, Didone diventa l’anima del Teatro in questo preciso periodo storico, con nobiltà e bellezza soccombe al vuoto della solitudine perché non può vivere senza il suo amore, e cioè il suo pubblico.
Didone è un po’ una sintesi di quello che diventerà il mezzosoprano nel Settecento e nell’Ottocento: donna innamorata ma anche pericolosa femme fatale, in bilico tra malinconia e perversione. Dopo il capolavoro di Purcell, tra i suoi impegni troviamo subito dopo Così fan tutte a Liège, con una Dorabella «fedel quanto bella», forse più ‘facile’ dell’austera sorella Fiordiligi… Quante ‘smanie’ serviranno a raccontarla, sarà più tragica o buffa?
Ho avuto la fortuna di interpretare tante figure femminili, di tutti i periodi menzionati, a partire dalle eroine del Seicento di Monteverdi fino a quelle ottocentesche; e mi pare che, in fondo, tutte rivelino la loro fragilità: sono “semplicemente donne”! Dorabella rientra tra queste, è una ragazza come tante, bella, spensierata e divertente e pronta a farsi trascinare da quell’amore che vede come «un ladroncello». Per questo ritengo che la chiave di questo ruolo sia la leggerezza, sotto il duplice profilo vocale e scenico.
E allora apriamo uno dei grandi capitoli del suo libro dei sogni: quello che riguarda Mozart. Ha vestito i panni di Giuditta nella rara Betulia liberata e di Apollo nell’intermezzo Apollo et Hyacinthus, ma è stata Cherubino e Dorabella e, più di recente, anche Sesto e Idamante. In quale di questi personaggi batte il suo cuore mozartiano?
Cantare Mozart è semplicemente un piacere ma anche un onore immenso, ma il mio cuore sta già cominciando a battere per un ruolo che devo ancora debuttare, quello di Donna Elvira, che peraltro è già in cantiere. Cantare il bellissimo recitativo accompagnato di Sesto «Oh dèi, che smania è questa!» e le arie meravigliose che Mozart ha scritto per Sesto e Idamante, poter farlo in scena vivendo il turbamento di questi due personaggi en travesti è stata un’esperienza entusiasmante: se devo scegliere forse sono proprio i ruoli che danno sfogo alla drammaticità che amo interpretare. Cantare le opere meno conosciute di Mozart è sempre un privilegio, Apollo et Hyacinthus è stato uno dei miei debutti al Carlo Felice di Genova insieme alla bacchetta che proprio oggi mi dirige in Dido, quella di Giulio Prandi.
Breve parentesi ‘di genere’: grazie a una figura agile e longilinea, ha affrontato con successo anche tanti ruoli en travesti, da Cherubino a Idamante a Sesto, da Pippo a Isolier a Smeton. Come si prepara un ruolo ‘maschile’, quali accorgimenti occorre prendere per portare in scena un ‘altro da sé’ – che però vocalmente le appartiene?
In realtà di maschietti ne ho incontrati molti altri (ride) anche nel repertorio barocco, sin da quando ho cantato ruoli come Orfeo, Serse, Ruggiero, Nerone, Ottone… Cantare i ruoli maschili è divertente, quando inizio le prove di regia il tempo si ferma e anche la mia personalità diventa quella del personaggio che interpreto, in qualche modo io mi sento Cherubino o Sesto! Ho degli accorgimenti di postura per rendere credibile anche fisicamente il ruolo en travesti, ma non penso più di essere una donna o di appartenere a un genere: sono semplicemente quello che canto e recito.
Da Mozart a Rossini. Il suo esordio è stato segnato dall’esperienza dell’Accademia del Rossini Opera Festival, che ha avuto la fortuna di frequentare negli anni d’oro di Alberto Zedda. Che ricordo conserva di quella stagione e della lezione – umana, oltre che professionale – del grande direttore e filologo rossiniano?
Il Maestro Zedda è stato una luce nel mio percorso artistico, non solo per l’opportunità che mi ha dato di cantare al ROF ma soprattutto per il bagaglio musicale e interpretativo che mi ha trasmesso. Durante le lezioni in Accademia pendevo letteralmente dalle sue labbra. Mi ricordo una frase che mi disse, a mo’ di rimprovero, e che invece mi ha aperto un mondo: mi disse infatti che avevo una voce troppo bella, «una perla in gola», ma che non sempre questo è un vantaggio! Capii a cosa si riferiva soprattutto quando intendeva suggerirmi di prendere dei rischi interpretativi e plasmare la voce secondo il sentimento che ti guida in quel momento. Questo insegnamento è rimasto alla base di ogni mia lettura musicale.
L’estate prossima tornerà a vestire i panni di Angelina nella Cenerentola in cartellone al Grange Festival, nel cuore dell’Hampshire: si tratta del ruolo che ha maggiormente interpretato (in Italia, Francia, Spagna, Messico e Cile), oltre ad averlo inciso (con la direzione di Evelino Pidò e la regia di Daniele Abbado). Sembra quasi una sorta di poetica immedesimazione.
In realtà cerco l’immedesimazione in un personaggio anche quando devo cantare ruoli molto lontani da me; ma sicuramente Angelina rappresenta il trionfo della bontà, è generosa e pura e questi sono i valori che amo di più: per questo motivo per me è più spontaneo e naturale interpretarla e a livello vocale amo cimentarmi da sempre nelle volatine e nelle agilità del ruolo. Mi piace cantare un personaggio positivo che seduce con la bellezza del suo cuore, ma non nascondo che se penso a Carmen direi la stessa cosa per altri motivi.
Il suo repertorio, in realtà, va dal barocco al belcanto fino alla musica contemporanea. Ha cantato tutti i ruoli della trilogia monteverdiana come le antieroine belliniane e donizettiane, fino a Carmen e Charlotte. Come adatta la sua tecnica a questo vasto repertorio? E, soprattutto, come si conciliano queste scelte con quelle della vocalità rinascimentale, barocca e belcantista?
Ho avuto una formazione da belcantista, guidata da una grande insegnate, il mezzosoprano Bianca Maria Casoni, che non smetterò mai di ringraziare. Siamo partite dallo spartito, fin dall’inizio, e dal potenziale della mia vocalità nel momento in cui studio. Ho anche detto molti no a ruoli prematuri o che non sentivo ideali per me. È un privilegio per me cantare oltre al belcanto anche il repertorio barocco perché lo amo infinitamente (nel tempo libero ascolto molta musica antica) e sono consapevole di poterlo fare partendo proprio dalla tecnica che per me è sempre una, e tale da permettermi di affrontare repertori diversi con opportuni accorgimenti stilistici. Riguardo al repertorio contemporaneo mi incuriosisce molto, è vero, ma la scelta è legata sempre all’analisi dello spartito, dell’orchestrazione e dello stile dell’autore.
A questo proposito, il centenario della nascita di Astor Piazzolla, tra breve, le darà la possibilità di affrontare in concerto anche Maria de Buenos Aires, straordinaria operita-tango che richiede un’organizzazione vocale – oltre a un carisma scenico – di grande temperatura emotiva. Come sceglie le arie da proporre nei recital?
La scelta delle arie del programma di un recital è dettata dal tema che scelgo di affrontare e anche dal mio gusto personale. Amo cantare la musica sacra e ho fatto diversi recital a tema sacro. In questo ultimo anno ho avuto il tempo di dedicarmi proprio alla scelta delle arie da inserire in progetti di concerti e discografici. Sono Angelina ma… fino a un certo punto, e vari progetti sono stati il frutto anche del primo lockdown, dato che non so cucinare e sinceramente non sono attratta dai fornelli: ho impiegato il mio tempo a studiare partiture e confrontarmi con musicologi e colleghi musicisti. E insomma, oggi posso dire che sono sopravvissuta anche grazie ai surgelati e al microonde! Un progetto musicale che tra poco realizzerò è proprio un recital con arie di Monteverdi e Piazzolla e della tradizione siciliana, un programma che annulla le differenze tra i generi e unisce, a partire dalle arie di Maria de Buenos Aires, che non vedo l’ora di cantare.
Tra i compositori che ha interpretato non abbiamo ancora parlato di quello della sua città natale: Bellini. Nelly, Adalgisa e Agnese del Maino hanno già trovato la via della scena, speriamo arrivino presto Nerestano e, soprattutto, Romeo. Quid del mood belliniano? Come lo percepisce ed esprime una sua concittadina?
Bellini è un dono per la città di Catania e da concittadina sono onorata di potermi cimentare nei suoi grandi ruoli. Mi perdo letteralmente nelle lunghe frasi delle partiture belliniane, quasi fossero onde del mare nostrum… Aspetto di cantare Romeo ovviamente prima che la mia figura longilinea mi abbandoni! Ma poiché non so cucinare penso che posso stare serena ancora per un po’.
Come ha affrontato la pandemia e come vede il futuro della tanto attesa ripresa?
Come ho detto prima non ho passato il mio tempo ai fornelli. Ero in Francia proprio per cantare Sesto e ho trascorso il primo lockdown tra le mura di una casetta a Nantes, nella Loira. Dovevo andare a Londra dove mi aspettava il debutto al Covent Garden ma è saltato…è facile immaginare la delusione ma in un primo momento sono stata veramente addolorata per tutto quello che stava succedendo nel mondo e mi sono chiesta se era giusto cantare – quando ne ho avuto la possibilità, invitata ai primi concerti in streaming – o al contrario rispettare il momento di dolore tragico che stavamo e stiamo vivendo. Poi mi son detta che la musica e l’arte guariscono e salvano! A partire dall’estate scorsa ho fatto diversi concerti e recital in streaming e alcune opere: tornare alla Fenice dopo diversi anni (e con il pubblico presente in sala!) è stato stupendo. Ho registrato due cd che usciranno a breve, uno di musica sacra e uno rossiniano, e aspetto che questo momento passi, fiduciosa che sarà tutto un ricordo.
La cosa che non vorrebbe mai aver fatto? E quella che non vede l’ora di fare?
Tornando al discorso di prima, certo non avrei mai voluto imparare a fare le lasagne dai tutorial delle mie amiche di infanzia (tutte bravissime cuoche!), perché purtroppo da quel giorno mio marito me le chiede sempre… ma senza fortuna! Scherzi a parte, non vedo l’ora di tornare in teatro e poter sentire il respiro del pubblico, di condividere il tempo anche fuori dal palco con i colleghi, di tornare alla normalità. E, soprattutto, non vedo l’ora di cantare al fianco di Cecilia Bartoli: farò il mio debutto in un’opera accanto a lei il prossimo anno, mi sono sempre ispirata a lei, nell’approccio musicale e interpretativo, e quando ho avuto la possibilità di sentire un suo concerto ne esco sempre ispirata ed emozionata come una bimba.