Si sono condivise alcune idee con Sebastian F. Schwarz, Sovrintendente e Direttore artistico del Teatro Regio di Torino, nel corso di una conferenza stampa online con un manipolo di giornalisti convocati per l’occasione, fra speranze e progetti concreti da parte di chi è al lavoro per ridare slancio alla Fondazione torinese dopo che i teatri saranno riaperti. Fra comprensibili preoccupazioni per il presente e progettualità per il futuro, Schwarz ha parlato delle contingenze che hanno spinto il Teatro a decimare i titoli di una stagione che peraltro si annunciava fra le più ricche degli ultimi anni per numero di recite e produttività, nonostante il Regio abbia vissuto e stia ancora vivendo un periodo di difficoltà economiche dettate da debiti pregressi e dalla mancata erogazione di buona parte dei fondi promessi e non ancora arrivati dalla Regione Piemonte. È invece giunto nella casse del Teatro l’anticipo del FUS.
Servirà, gli chiediamo subito, a dare una boccata di ossigeno alle casse del Regio?
È un anticipo che dovrà essere tenuto per la gestione futura, tentando di bilanciare le spese con quelle che sono le esigenze presenti e passate, con l’idea di voler mantenere l’immagine di un teatro che, pur con le evidenti difficoltà, progetta e pensa a un avvenire che ci si augura meno dipendente dai contributi statali. Entro giugno verrà presentato il bilancio, per ora stiamo fotografando dettagliatamente lo stato attuale del teatro per poi illustrarlo ai membri della Fondazione e a chi lo ha fino a oggi sostenuto con sponsorizzazioni. Ma vorrei che venisse sfatata l’idea che i teatri d’opera stiano traendo vantaggio dalla situazione che si sta vivendo attraverso l’erogazione anticipata del FUS. Quello che si dovesse spendere adesso non ci verrebbe più riconosciuto in seguito e stiamo, pertanto, tentando di lavorare e programmare evitando di creare nuovi debiti, utilizzando al meglio ciò di cui disponiamo, ma tenendo in considerazione anche i pregressi arretrati di pagamento.
Se dalle parole di Schwarz emerge un certo disorientamento, o quando meno una incertezza, per altro comune a molti sovrintendenti che ancora non sanno cosa sarà del futuro dei loro teatri e che sono in attesa di ricevere risposte su ipotesi di riapertura con tutti i canoni di sicurezza sanitaria richiesti dal caso, all’opposto molte sono le idee espresse in merito a eventuali possibilità di attività del Regio in un immediato futuro.
Tra sogno e realtà – spiega Schwarz – vedrei da subito, nel caso ci fossero le condizioni per farlo, la programmazione di un grande concerto all’aperto, in un luogo da individuare, come ad esempio il Parco Dora, ovviamente con i complessi artistici del Regio. In questo preciso momento ciò avrebbe un significato simbolico: quello di spalancare le porte alla vita del nostro Regio, ovviamente smaterializzando l’idea di teatro come sala, non al momento utilizzabile, ma facendo vivere le sue forze artistiche al di fuori di spazi teatrali al chiuso, quindi en plein air. Si pensi ai grandi modelli europei dei concerti che vengono realizzati all’aperto, ovviamente, in questa circostanza, con tutte le normative di sicurezza richieste. Mi piacerebbe ripensare a questa stessa idea anche in futuro, concludendo la programmazione delle stagioni operistiche con un grande concerto popolare destinato a tutti; per ora, invece, fungerebbe come primo atto di riapertura del Regio che, come si può immaginare, sarà lenta e graduale. Altra idea sarebbe quella di organizzare altri concerti estivi, sempre all’aperto, con gruppi di musica da camera già esistenti fra gli strumentisti dell’Orchestra del Regio.
Si è toccato l’argomento del destino che spetta agli scampoli comunque significativi della stagione ancora in corso, stoppata ai primi di marzo, lasciando ancora sulla scena il nuovo allestimento de La bohème, pensato dalla regia di Paolo Gavazzeni e Piero Maranghi sui bozzetti scenici realizzati da Adolf Hohenstein per la prima esecuzione assoluta torinese dell’opera di Puccini nel 1896, conservati nell’Archivio Storico Ricordi.
Questo spettacolo – ricorda Schwarz – verrà ripreso nella stagione successiva a quella in corso, che in cartellone ha ancora Simon Boccanegra, Il barbiere di Siviglia e My Fair Lady. Per il Simone vedo assai difficile l’idea di poterlo proporre, mentre per il Barbiere, il cui allestimento di Vittorio Borrelli nacque all’aperto, si potrebbe pensare a una andata in scena, magari in formato ridotto e en plein air, qualora avessimo risposte di realizzabilità in sicurezza. Ancora ci spero.
Fra le molte idee che bollono in pentola, sempre pensando al futuro, vi è quella di creare un ensemble di formazione per i giovani talenti dell’avvenire, mettendo in essere una stagione parallela a quella del Regio.
È un’idea che avevo già concretizzato a Vienna, quando ero al Theater an der Wien e che, come avveniva lì, ci permetterebbe di formare e poi far debuttare sulle scene giovani promettenti coinvolgendoli da subito in spettacoli paralleli all’attività formativa. A Torino abbiamo uno spazio ideale per questo progetto, che è il Piccolo Regio, ma non escludo, anzi auspico che questi spettacoli potrebbero poi essere rappresentati anche in Regione facendo rete con i diversi Comuni pronti a ospitarli. A questa idea stiamo già lavorando.
Chiediamo a Schwarz se concorda sul fatto che la riapertura dei teatri d’opera in Italia, più che all’estero, potrebbe mettere in conto la necessità di ripensare all’intero sistema organizzativo e strutturale dei teatri stessi a fronte di una prevedibile mancanza di risorse future, e se questo potrebbe conseguentemente indurre all’idea di creare una tipologia d’opera con obiettivi di spesa più sobri?
Creare qualcosa di nuovo, come ad esempio nuovi allestimenti, ha ovviamente un costo elevato, ma non dobbiamo neanche pensare che il Teatro Regio viva in futuro sfruttando e rimettendo in scena spettacoli che si conservano in magazzino, belli o brutti che siano. Si deve fare economia e pensare alla sobrietà, questo sì, pur che essa non abbia come contraltare la carenza di idee. Ecco perché, anche a livello europeo, sto lavorando per far rete, mettendo in essere quella collaborazione fra teatri italiani ed esteri della quale tanto si parla, ma che non sembra abbia fino a oggi avuto quegli sviluppi che penso siano necessari, per il bene di tutti i teatri, non solo del Regio. Questo comporterebbe la realizzazione di coproduzioni, ma anche il noleggio di spettacoli che hanno avuto grande eco in alcune città europee e che, arrivando in Italia sul palcoscenico del Regio, darebbero respiro d’immagine al nostro teatro. Non tutti hanno la possibilità di viaggiare e, a maggior ragione adesso, questo gioco di scambi permetterebbe di conoscere spettacoli che hanno rappresentato a livello internazionale il meglio della produzione operistica.
Gli artisti lirici sotto contratto in Italia stanno vivendo un periodo di grande difficoltà, mentre all’estero si sono avuti sostegni ben diversi. Come si deve operare in tal senso perché la situazione migliori?
È semplicemente un motivo di forza contrattuale, per ora non possibile in Italia perché ogni cantante viene retribuito a recita, mentre all’estero non è così. Stiamo lavorando in rete anche per questo, per arrivare a formulare, assieme agli agenti, forme di contratto future che rendano il cantante più tutelato durante tutto il periodo delle prove e anche in caso di malattia. Questo potrebbe forse incidere sull’abbassamento dei cachet, ma garantirebbe agli artisti maggiori sicurezze.
Insomma il Teatro Regio è per ora orientato, come per altro la maggior parte delle Fondazioni italiane, più sull’incertezza che sull’ottimismo?
Non del tutto. Posso concludere parlando di una notizia per me molto positiva per il Teatro Regio. Sono stati confermati gli otto milioni e mezzo di euro necessari per i lavori di messa a norma tecnica e di sicurezza del palcoscenico. Ora si avvierà il progetto affidato a una direzione dei lavori che verranno realizzati probabilmente senza chiudere il teatro, ma nei periodi di sosta dall’attività stagionale. Inoltre vorrei ringraziare molto il nostro pubblico, soprattutto coloro che generosamente hanno accettato di non chiedere il rimborso dei biglietti ma li hanno convertiti in voucher per la prenotazione di spettacoli della prossima stagione. Ovviamente per ora non si sa ancora quando sarà possibile fare campagna abbonamenti sul cartellone a venire, perché non si hanno né regole certe né misure sulla sicurezza, ma vorrei assicurare tutti che si sta lavorando per pensare a un teatro ricco di immaginazione, che interpreta il passato e il presente e guarda al futuro, sognando sì, ma con i piedi ben piantati a terra. Il prossimo capitolo sarà la presentazione della nuova stagione, che spero di rendere pubblica quanto prima, ovviamente quando si avranno tutte le garanzie perché il nostro pubblico, che sempre ci è stato fedele e che in questo periodo ci ha dato prova di grande solidarietà, passa fare ritorno in teatro senza timori o paure.