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In scena canto la forza delle donne – Intervista a Maria Billeri

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Persona estremamente volitiva, schietta e umile, sempre sorridente, con una passione per i gatti, la cucina e un occhio di riguardo per la natura: ecco, in poche parole, chi è Maria Billeri. Più articolato è, invece, il suo profilo vocale. Voce importante per volume e dalla cavata ricca, impostasi negli ultimi anni all’attenzione di pubblico e critica come cantante-attrice dalla solida musicalità e dalla prepotente personalità interpretativa, nella prima parte della sua carriera affronta ruoli da soprano lirico, emergendo in un secondo tempo come soprano drammatico. Originaria di Pisa, si diploma giovanissima in canto al conservatorio di Ferrara e, successivamente, consegue il Diploma di II livello in Discipline musicali (Canto lirico teatrale) a Livorno. Vincitrice di numerosi concorsi nazionali e internazionali di canto, ha seguito corsi di perfezionamento con Magda Olivero, Yva Barthelèmy e Claudio Desderi fra gli altri. Dopo il suo debutto a Jesi, nel 1990, ha affrontato diverse parti in opere di Puccini (Mimì, Giorgetta, Tosca, Cio-Cio-San, Turandot), Verdi (Amelia nel Simon Boccanegra, Elisabetta di Valois, Amalia, Leonora ne Il trovatore, Abigaille, Elvira, Aida), Bellini (Adalgisa, Norma), Donizetti (Maria Stuarda, Maria de Rudenz), Cherubini (Medea), Bizet (Micaëla), del repertorio verista (Santuzza, Nedda), di compositori novecenteschi (la Prima Corifea in Assassinio nella cattedrale di Pizzetti, Bèrbera Jonia nell’opera di Ennio Porrino I Shardana). Nel corso degli anni ha calcato molteplici palcoscenici, sia in Italia (Circuito Lirico Lombardo, Donizetti di Bergamo, Regio di Torino, La Fenice di Venezia, Arena di Verona, Comunale di Bologna, Regio di Parma, Opera di Firenze e Roma, Massimo di Palermo, Petruzzelli di Bari, Lirico di Cagliari), che all’estero (Avenches Festival, Vienna, Praga, Zagabria, São Paulo).
In questi giorni è al Teatro Regio di Torino, dove canterà per la prima volta Giselda nei Lombardi alla prima crociata di Verdi in scena dal 17 al 28 aprile.

Un ruolo complesso e, vocalmente parlando, diverso da quelli che ha affrontato sino a oggi. Scritto da Verdi per il soprano Erminia Frezzolini che, fra gli altri, vestì i panni di Beatrice di Tenda, Gilda, Adina e Giovanna d’Arco, presenta parecchi virtuosismi.
Sì, forse la vocalità duttile ed eccezionalmente agile della Frezzolini ha condizionato Verdi nella creazione di una parte così complessa. Il ruolo non grava sul registro medio e basso della voce facendo salti verso l’acuto, come nel caso di Abigaille ma, anzi, si spinge soprattutto dalla zona del passaggio verso quella degli acuti e dei sovracuti, mantenendo una tessitura sostanzialmente alta. Si potrebbe definire Giselda un soprano lirico di agilità, ma credo che questa sia una definizione abbastanza limitante. Il canto di Giselda è sì talvolta lirico, spianato, specie nella preghiera del primo atto, ma nella seconda aria al canto spianato si aggiunge una coloratura che porta spesso nelle vette più alte, tipiche del soprano più leggero. La cabaletta gioca invece su acuti gettati come lame, invettiva contro i malfattori sanguinari che combatte con la forza del suo pacifismo e della sua fede, con una vocalità drammatica. Il canto ridiventa lirico nel duetto e poi nel terzetto. La visione è scritta tutta su colorature elegiache e, nel rondò finale, l’agilità ridiventa improvvisamente quella del soprano leggero. Insomma, una parte che mette a dura prova la voce.

Ci parli del personaggio: che donna è Giselda?
È una ragazza che subisce gli eventi tragici familiari con una fede incrollabile. Una pacifista convinta: la sua prima parola nell’opera è “Pace” e le ultime sono lodi a Dio. Nonostante ci sia l’ombra minacciosa dello zio Pagano, di lì a poco parricida, lei non ha paura e prega la Madonna. Il suo amore è contro ogni convenzione e senza indugio ama, riamata, un infedele, Oronte, un uomo di altra religione. Prega la madre morta e Dio per ricongiungersi al suo amato creduto morto ma non chiede mai vendetta. Diventa donna di grande carattere, a discapito di quanto volesse la concezione del femminile in quel tempo, con la grande invettiva contro coloro, compreso il padre Arvino, che hanno versato sangue nonostante il volere di un Dio di pace. È personaggio che non si dispera ma spera sempre nel Cielo anche quando sa che Oronte ormai è morto. In più ha sempre un’aura di visionaria, quasi di folle, il che non guasta.

Come si trova a lavorare con Michele Mariotti?
Sono stata diretta dal Maestro Mariotti sia in Norma che in Nabucco dove già si era instaurata un’ottima sintonia, che ritrovo anche adesso. È un grande direttore, con bellissime idee musicali e tanto rispetto verso i cantanti. Ha molta competenza nonostante la giovane età e sa ottenere il massimo dagli artisti.

Non è la prima volta che si esibisce al Teatro Regio: Simon Boccanegra con Daniel Oren, Assassinio nella cattedrale diretta dal compianto Bruno Bartoletti, Norma  proprio con Mariotti sul podio. Che cosa si prova a cantare su queste tavole?
Il palcoscenico di Torino è quello che ho calcato con più assiduità e ogni volta è come ritornare a casa, in famiglia. Appena oltrepasso la porta dell’ingresso artisti vedo le facce cordiali di chi lavora lì dentro, noto la precisione, il modo propositivo di affrontare le produzioni, il rispetto, la gentilezza. Mi sento fortunata e onorata di tornare al Regio: il ricordo più forte è proprio quello della Norma del 2012, le cui recite sono state un crescendo emozionale che ancora mi commuove.

Lei ha spesso impersonato donne di temperamento: Medea, Maria de Rudenz, Abigaille, Norma, Turandot. Quale, fra queste, le ha dato maggiori soddisfazioni?
Ognuno di questi personaggi ha lasciato in me ricordi indelebili. Ogni volta che li ho affrontati ho ricevuto emozioni incredibili. Però il mio cuore è preso particolarmente da Norma. C’è tutto: la musica sublime, il carattere in evoluzione della sacerdotessa, della donna, della madre. Ogni volta arrivo alla fine e la commozione rimane in me per ore dopo la recita.

C’è una produzione, un titolo che ricorda con piacere e che, se fosse possibile, interpreterebbe nuovamente?
Medea e Maria De Rudenz mi hanno lasciata con la voglia di rimettermi alla prova in quei panni. Sono ruoli assai complessi che mi hanno fatto scoprire un’altra parte della mia vocalità e che, purtroppo, ho cantato in una sola produzione. Mi piacerebbe rileggerli e affrontarli ancora per trovare anche nuove vie di interpretazione. Vorrei cantare nuovamente pure Aida ed Elisabetta del Don Carlo.

C’è un ruolo in particolare che le piacerebbe debuttare?
Più di uno. Penso ad alcuni personaggi di Verdi, il compositore al quale mi sento più vicina vocalmente, ma anche di Puccini, Catalani, Giordano. Ho voglia di ruoli di donne forti dove la mia voce, fatta per il canto spianato, possa mettersi in luce completamente. Parti come Wally, Gioconda, Leonora della Forza del destino.

In un’epoca digitale come la nostra, qual è il suo rapporto con i social?
Devo dire che all’inizio ho trovato entusiasmante l’idea di poter contattare amici e farne di nuovi con la rete. Condividere idee, opinioni, leggere notizie fuori dalle testate ufficiali di tv e giornali, in un florilegio di libertà, mi ha inebriata. Tutto questo entusiasmo poi è scemato lentamente. La libertà di opinione non è reale, è spesso il risultato di manipolazioni studiate a tavolino. Haters, influencer, troll…è tutto troppo per me. Questo nascondersi dietro le tastiere di un pc o di uno smartphone con un nickname, questa intolleranza verso le opinioni diverse, il far girare notizie false per fomentare odio o influenzare le menti altrui, ecco, non ce la faccio a concepirli. Ho molto limitato, di conseguenza, la mia presenza sulla rete. Chi mi vuole sa come trovarmi. Ho sempre risposto a tutti quelli che mi contattano e continuerò a farlo con altri mezzi.

Oggi sempre più giovani studiano canto lirico, cercando di intraprendere la carriera teatrale. Che cosa sentirebbe di consigliare loro?
La mia carriera è cominciata in un periodo non lontanissimo in cui c’erano altri tipi di pressione mediatica. Oggi si dà molta importanza alla presenza fisica, spesso a discapito della voce. Vedo le carriere delle nuove leve partire molto presto e poi finire altrettanto presto per scelte di repertorio sbagliate: la tendenza è quella di adeguare i fisici ai ruoli da interpretare e, se può essere bello a vedersi, non sempre ciò va bene per la voce. Mi piacerebbe che si potessero sentire di nuovo voci adatte al repertorio giusto e, soprattutto, vorrei che chi occupa posti di responsabilità nel mondo del teatro non spingesse giovani promettenti a rovinarsi. Per questo consiglio coloro che intraprendono lo studio o la carriera nel mondo della lirica di fare davvero attenzione al repertorio e di cercare una persona di fiducia che sappia consigliarli senza secondi fini. I giovani con i quali ho a che fare spesso si rivolgono a personaggi con poche competenze con il miraggio di arrivare prima possibile ai più alti livelli, magari avendo ancora tecnica approssimativa e una conoscenza musicale appena sufficiente. In questo periodo, poi, stanno proliferando concorsi e iniziative dove, nel bando, si leggono richieste di soldi esorbitanti per un giovane. Meglio informarsi bene prima di partecipare a queste audizioni: non si deve pagare per lavorare. Ci sono tantissime voci interessanti che meritano di essere ascoltate e di calcare i palcoscenici più importanti, anche se riconosco che non è un periodo facile per l’opera, specie in Italia. Mi auguro che chi ha talento non smetta mai di lottare.

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