Esce venerdì 19 ottobre il cd Giulio Cesare. A Baroque Hero, edito da Glossa, con protagonista il controtenore Raffaele Pe, tra i più interessanti interpreti della sua generazione. Il cd, con l’ensemble La lira di Orfeo diretto da Luca Giardini, raccogliere arie per castrato dalle opere del XVIII secolo dedicate a Cesare. A parte quelle del famosissimo Giulio Cesare di Händel, tutte le arie del disco non sono mai state incise, sono prime esecuzioni in tempi moderni e alcune sono prime assolute. L’immagine di Cesare che queste musiche restituiscono non è quella tradizionale del valoroso condottiero, ma quella più sfaccettata di un uomo a tutto tondo, la cui vicenda pubblica si intreccia a quella privata e amorosa: ne viene fuori un ritratto fatto anche di dolcezza, trasporto amoroso, fragilità fisica ed emotiva. È una duplicità di cui i castrati, con la voce acuta in un corpo di uomo, erano la perfetta incarnazione (così come oggi la voce del controtenore con la sua particolarità è quella che meglio può restituire il timbro del castrato).
Come è nato questo progetto e perché?
Giulio Cesare in Egitto è stato uno dei miei primi incontri con l’opera barocca. Ancora al Liceo, fu per me una vera rivelazione, non solo per il grande fascino delle arie händeliane, ma anche perché sorprendentemente il ruolo di Cesare non era stato scritto come ci aspetteremmo per il registro di tenore o quello di baritono, ma quello di contralto. Una scelta che evidentemente voleva dire qualcosa in più sul carattere del personaggio. Continuando le ricerche in anni recenti e raccogliendo la maggior parte delle opere italiane superstiti della stessa epoca si incontra la stessa scelta, e non solo: numerosi sono i prestiti stilistici di un Händel o di un Mozart rispetto a questi nostri compositori parzialmente sconosciuti e ineseguiti. Mi è sembrato interessante proporre un recital per omaggiare questi autori e la memoria di questo eroe in chiave di soprano, presentato in quest’epoca in modo molto umano e estremamente moderno nella sua drammaturgia di figura di amante, a volte indeciso e talvolta perdente.
Quale immagine di Cesare emerge dalle arie che ha scelto?
È davvero un uomo a tutti gli effetti. Il suo fascino qui risiede di più nella sua umanissima indecisione che nella sua divina infallibilità. Per certi versi un Cesare inedito rispetto all’immaginario collettivo contemporaneo.
Nel disco sono presenti arie molto famose, come quelle del Giulio Cesare, ma soprattutto pagine inedite. Quali tra queste arie vuole segnalare e perché?
Piccinni è stata una scoperta notevole. A tutti è nota l’importanza di questo compositore nella compagine della musica napoletana di fine Settecento, tuttavia la sua scrittura pre-belliniana – da cui Mozart sembra avere attinto molto – è straordinaria nella cura tutta monteverdiana e italiana della ‘parola cantata’. Anche Bianchi richiederebbe maggiore presenza nei programmi operistici e concertistici. La sua Morte di Cesare del 1788 fu all’epoca un successo clamoroso, che formò il gusto della scrittura teatrale nel delicato passaggio tra Settecento e Ottocento, con una presenza assidua nei teatri di tutta Europa.
Le arie che ha scelto sono nate per il registro vocale del castrato. Come si trova a cantare queste pagine? Quali difficoltà ha incontrato?
Le arie presentano notevoli difficoltà in termini di estensione e di virtuosismo. Costruire questo programma ha richiesto una lunga ricerca vocale ancora in fieri. Questo repertorio rappresenta senza dubbio una sommità per la scrittura vocale lirica e credo rappresentino un importante banco di prova per i cantanti di qualsiasi epoca.
Il repertorio barocco e il registro vocale del controtenore sembrano conoscere oggi una sorta di rinascimento. Concorda con questa affermazione e perché, secondo lei, la sensibilità del Barocco appare così vicina a quella contemporanea?
Mi sembra di vivere in un’epoca di grande agio, ma anche di forte incertezza sul futuro dei nostri sistemi sociali e economici. Se ci pensiamo è un’incredibile coincidenza colla situazione storica settecentesca alle porte della Rivoluzione francese. Al di là comunque di questioni politiche, il gusto musicale attuale sembra essere alla ricerca di voci che possano emozionare in modo direi “iperreale”, voci che permettano di sorpassare il concreto quotidiano per prefigurare una realtà immaginata e sognante. Credo che la sensibilità arcadico-barocca sia molto vicina a questo e che il registro di controtenore possa ben inserirsi in questa ricerca.
In questo periodo è interprete di Goffredo nel Rinaldo in scena nei teatri del circuito OperaLombardia. Ci presenta brevemente questa produzione?
Un’opera di Händel viene per la prima volta presentata in questo circuito. L’emozione è grande perché siamo abituati a teatri dove questa musica viene ascoltata con frequenza, mentre qui il rapporto col pubblico sarà molto diretto e spontaneo. Una sfida che credo sarà vinta dalla forza di questo racconto musicale affascinante e dalla maestria del team artistico guidato da uno dei miei direttori preferiti di sempre, Ottavio Dantone.
Quali sono i suoi prossimi impegni?
In questa stagione sono anche molto felice per il debutto a Vienna nell’Orlando diretto da Antonini con la regia del grandissimo Claus Guth e pure molto interessante sarà la presentazione dell’Arbace al Händelfestspiele di Halle. In ambito concertistico invece, dal Teatro Grande di Brescia il 19 dicembre inizierò il tour di concerti legato ai Concerti sacri di Alessandro Scarlatti incisi per Amadeus, il tour per il lancio di Giulio Cesare e nel nuovo anno un bellissimo progetto con I Barocchisti di Diego Fasolis dedicato alle opere di Vivaldi.