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Leontyne Price, l’ultima regina verdiana, compie 95 anni

Vi sono voci nelle quali la componente sensuale del timbro ha un valore fondamentale. È una questione di colore, ricchezza di armonici e modulazioni. Caratteristiche alle quali, non sempre e non necessariamente, si possono aggiungere impetuosità di fraseggio e innata sensibilità interpretativa. Fra le voci femminili del XX secolo, la cantante che più di ogni altra ha incarnato questo tipo di vocalità è sicuramente Leontyne Price, soprano statunitense attiva dalla fine degli anni Cinquanta fin circa alla fine degli anni Ottanta, e che oggi compie 95 anni.

Nata nel 1927 a Laurel, Mississippi, Mary Violet Leontyne Price è stata una delle prime cantanti afroamericane a debuttare al Metropolitan di New York dopo la grande Marian Anderson. Considerata interprete storica del ruolo di Aida, la Price raggiunse e consolidò la propria fama cantando un repertorio che spaziava da Mozart a Barber e trovava i suoi compositori d’elezione in Verdi e Puccini. A torto o a ragione, per molti Leontyne Price incarna quasi alla perfezione l’ultimo esempio di autentico soprano verdiano, soprattutto il Verdi della maturità quello del Ballo in maschera, Forza del destino, Aida e Requiem (video). Questo in virtù di una voce ampia e sonora, un vero fiume in piena, capace di superare anche il più denso tessuto orchestrale senza forzature né patteggiamenti. Due cantanti influenzarono molto la giovanissima Leontyne: la già citata Anderson, contralto afroamericano, la prima a cantare al Met (nel ruolo di Ulrica del Ballo in maschera) e Ljuba Welitsch, da lei ascoltata quale vulcanica Salome sempre al Metropolitan.

Il ruolo che diede inizio alla sua carriera internazionale fu quello di Bess, nel Porgy and Bess di Gershwin, che la Price interpretò agli inizi degli anni Cinquanta negli Stati Uniti e poi, in tournée, in molte capitali europee. La vera consacrazione su di un palcoscenico operistico avvenne a San Francisco nel 1955, quando cantò il ruolo di Madame Lidoine nei Dialoghi delle carmelitane di Poulenc, al quale seguì poco dopo il debutto nel personaggio che sarà per sempre legato al suo nome, quello di Aida. Un altro ruolo verdiano che le si confaceva particolarmente fu quello di Leonora nel Trovatore, interpretato poco dopo. Opera che la Price cantò più volte, a fianco dei più grandi Manrico del secolo appena trascorso, da Björling a Corelli, a Tucker. Il Trovatore ed Ernani furono le opere del giovane Verdi che la Price frequentò più sovente. In verità, in queste partiture, al timbro insinuante, alla luminosità di acuti stellari e raggianti, non sempre si unì la necessaria agilità nei passi più scopertamente belcantistici, nonostante la granitica bellezza dei trilli. Un certo impaccio nelle agilità e un registro grave, a volte, un poco ovattato e fumoso furono, infatti, i suoi unici limiti vocali.

Il Verdi più maturo, invece, le si addiceva perfettamente. La patetica, passionale Amelia del Ballo in maschera è ancor oggi la migliore di tutta la discografia di quest’opera, così come la sua splendida Leonora della Forza del destino e il ruolo sopranile del Requiem. Quest’ultimo spesso cantato sotto la guida di grandissimi direttori d’orchestra quali Fritz Reiner e Herbert von Karajan. Ma, come tutti sanno, è Aida il personaggio al quale sarà per sempre legata la memoria di Leontyne Price. La bella incisione in studio, sotto la direzione di George Solti, e quella forse ancora migliore registrata dal vivo (sempre con Solti e a fianco di Bergonzi), ne sono testimonianze inoppugnabili.

Fra i tanti ruoli pucciniani interpretati nel corso della sua carriera – Minnie della Fanciulla del West, Madama Butterfly, Liù della Turandot, Manon Lescaut, Giorgetta del Tabarro – è sicuramente Tosca il personaggio che più le consentiva di sfoggiare il timbro voluttuoso e l’erotismo del fraseggio. Sotto la miracolosa direzione di Karajan, a fianco di Taddei e di un Di Stefano forse esausto, ma come sempre irresistibile, Leontyne Price ha consegnato al disco l’unica edizione in grado di competere con quella, mitica, della Callas e De Sabata. Non sempre perfettamente a suo agio in Mozart, autore con il quale la cantante faticava a trovare il giusto equilibrio fra impeto vocale ed eleganza formale, la Price seppe però essere, sotto la direzione dell’immancabile Karajan, una Donna Anna travolgente per furore vendicativo e slanci carnali. Donna di grande sensibilità, la Price in più occasioni seppe mostrare la sua umanità, come quando volle pagare i funerali di alcuni suoi fans indigenti morti di Aids durante gli anni Ottanta.
Una citazione a parte, infine, meriterebbero la sua felina Carmen (ruolo che non volle mai interpretare a teatro) e i numerosi recital nei quali spaziava da Händel a Strauss, da Čajkovskij a Cilea (ascolto), sempre sfoggiando il nitore folgorante dei suoi acuti e la sensualità di un timbro fatto di luce, oro e velluto.