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Artisti all’Opera – Tullio Pericoli, maestro di leggerezza

Maestro della leggiadria, dell’illusione e della fantasia, caratteristiche valorizzate da un sapiente, aggraziato utilizzo di tecniche umide quali l’acquerello e l’inchiostro diluito, per dar vita a opere armoniose, eleganti e, al contempo, puntuali nell’approfondire ciò che vediamo. Tullio Pericoli nasce a Colli del Tronto (Ascoli Piceno) nel 1936; a Milano dal 1961, è nella grande metropoli lombarda che inizia ad affermarsi come pittore, disegnatore e incisore (con una predilezione per l’acquaforte). Nell’arco dei decenni successivi e sino ai giorni nostri, numerose sono le sue esposizioni, sia in Italia (Parma, Urbino, Ivrea, Genova, Bologna, Roma) che all’estero (Parigi, Monaco di Baviera, New York, Tokyo); proficue e ripetute le collaborazioni con insigni case editrici e celebri testate giornalistiche.

Negli anni Novanta del secolo scorso, Pericoli inizia ad avvicinarsi all’affascinante mondo del teatro e dell’opera lirica. Al 1995 risalgono le sue creazioni per scene e costumi de L’elisir d’amore di Gaetano Donizetti all’Opernhaus Zürich, diretto da Nello Santi, alla regia Grischa Asagaroff; tre anni dopo, nell’ottobre 1998, lo stesso allestimento, ripensato e rimaneggiato per l’occasione, viene proposto al Teatro alla Scala, con regia di Ugo Chiti, sul podio Massimo Zanetti e, nel cast, Vincenzo La Scola, Patrizia Ciofi, Roberto De Candia e Alfonso Antoniozzi. Il medesimo spettacolo verrà ripresentato nel 2001 con Roberto Rizzi Brignoli, nel 2015 diretto da Fabio Luisi, nel 2019 e nel 2021 con Michele Gamba (queste ultime tre volte, però, con regia di Asagaroff). Nel 2002 disegna, invece, scene e costumi per il suo secondo – e, al momento, ultimo – impegno operistico, Il turco in Italia di Gioachino Rossini, sempre a Zurigo, protagonisti la diva Cecilia Bartoli e Ruggero Raimondi, regia di Cesare Lievi e, in buca, Franz Welser-Möst.

Entrambe le produzioni sono contraddistinte da caratteri stilistici comuni: un linguaggio leggero e sintetico; un’atmosfera poetica e delicata da fiaba; costumi estrosi e fantasiosi, giocati su cromie accese e vivaci (in Elisir d’amore predominano il giallo, l’arancione, l’azzurro e il rosso, declinati nelle loro molteplici sfumature), con inserti esuberanti e sgargianti; scenografie raffinate e giocose, di schiette solarità e immediatezza (sempre nell’opera donizettiana, dove palesi sono i rimandi al placido paesaggio marchigiano, terra d’origine di Pericoli, dalla sagoma della chiesa di Santa Felicita a Colli del Tronto alle dolci colline, ricordiamo la gigantesca tavola imbandita con bizzarre e variopinte leccornie di ogni genere, o il fondale dipinto con frutti e ortaggi, che richiama alla memoria l’ideale del Paese di Cuccagna); un’ironia soave e polita, di sapore fanciullesco; un’inventiva spontanea e genuina; un lavoro di cesello minuzioso. Tali peculiarità sono ravvisabili già nei figurini dei costumi e nei preziosi bozzetti ad acquerello, penna e inchiostro, pennello e inchiostro su carta, consultabili sul sito dell’artista (qui il link), pervasi di una resa puntigliosa e, al contempo, vaporosa e fluida, nei quali Tullio Pericoli delinea con tratto rapido e preciso ogni singolo dettaglio: l’elaborato copricapo floreale di Fiorilla; l’enorme mano zingaresca ricoperta di simboli e segni grafici; la freschezza sbarazzina degli abiti con inusuale spacco della seducente Adina; l’eccentrico e ostentato vestito di Dulcamara ricoperto di pallini, con i pantaloni a sbuffo. Tavole nelle quali gli elementi, definiti con il pennino e con il pennello, vengono ravvivati da dinamici contrappunti cromatici. L’arte di Pericoli è ben sintetizzata, per concludere, da una felice citazione di Vittoria Crespi Morbio nel suo volumetto del 2016 Tullio Pericoli alla Scala: “L’indagine di Pericoli tocca un punto fondamentale della dialettica teatrale: il felice raggiro che rende possibile attingere l’emozione pura. Lo fa senza parole, senza un sovraccarico teorico. Lo fa nel suo modo geniale e impertinente, e ci tocca con la sua grazia leggera”.