È venuto a mancare Gabriel Bacquier. Classe 1924, il celebre baritono francese nativo di Béziers, nell’Occitania, si è spento oggi, a pochissimi giorni dal suo novantaseiesimo compleanno, il 17 maggio. Diplomatosi nel 1950 al Conservatoire de Musique National de Paris, la sua carriera internazionale ha spiccato il volo quando è entrato a far parte dell’ensemble del Théâtre de la Monnaie di Bruxelles. Da quel momento, si è esibito sui più prestigiosi palcoscenici, dai teatri d’opera parigini alla Scala, dalla Royal Opera House di Londra al Metropolitan di New York, dalla Wiener Staatsoper al Festival di Aix-en-Provence. Nonostante la sua tecnica di canto non fosse immacolata e, a tratti, perfettibile, e il suo timbro non fosse propriamente baciato da Dio, Bacquier si è subito imposto per la robustezza dello strumento vocale e per un innegabile carisma scenico, dalla comunicativa schietta ed elettrizzante.
Nel corso degli anni ha interpretato vari personaggi: Don Giovanni, il Conte delle Nozze di Figaro e Don Alfonso nel Così fan tutte; Boris Godunov; Falstaff; Jago. Ma il suo repertorio d’elezione è stato, senza ombra di dubbio, quello dell’opera francese: titoli quali Pélléas et Mélisande di Debussy; Béatrice et Bénédict di Berlioz; Les Contes d’Hoffmann di Offenbach; Don Quichotte di Massenet; L’étoile di Chabrier; Lakmé di Delibes; Louise di Charpentier. Tra le sparute esibizioni in Italia, vogliamo almeno citare il suo Escamillo alla Scala nel 1972, assieme a Viorica Cortez e alla compianta Mirella Freni, o il suo storico Sancho nel Don Quichotte del 1982 al Teatro La Fenice di Venezia, accanto al Quichotte di Ruggero Raimondi, entrambe le produzioni dirette da Georges Prêtre.
Per concludere, chi scrive vuole ricordare quando, studente del ginnasio al primo impatto con il mondo della lirica, acquistò in DVD il Falstaff del 1979 con l’incalzante regia di Götz Friedrich, registrato in studi cinematografici sulla base di Georg Solti, improntata a morbide pennellate e soffici atmosfere notturne. Nei panni del panciuto protagonista si imponeva un cantante dalla presenza scenica guascona ed estroversa, un sir John potentemente umano, affabile ed espansivo: era proprio lui, Gabriel Bacquier.
